Oggi per vicende tristi che mi toccano sia da vicino che da lontano, ho fatto una riflessione lucida ma forse un po' amara sulle relazioni amorose: alla fin fine la dinamica che le governa non ha granché di diverso, a grandi linee, dal mondo del lavoro. Il che è triste, in effetti, ma togliendo la componente irrazionale e sentimentale che rende il tutto decisamente più piacevole che scegliersi una professione, se fosse più chiaro a tutti probabilmente eviterebbe tante delusioni e tante perdite di tempo.
Nessuno nasce sapendo già lavorare, eppure tutti sappiamo che il nostro destino è quello. Lavoreremo tutta la vita. Vorremmo farlo in maniera soddisfacente, in un posto che ci faccia sentire utili e gratificati, con uno stipendio alto e un orario comodo, in un posto in cui siamo valorizzati, possiamo crescere. Tutti sentiamo di aver diritto a un lavoro. Tutti sentiamo di essere bravi in qualcosa e vogliamo una professione in cui dimostrarlo.
Avere piena consapevolezza dei propri limiti e dei propri punti di forza professionali non è affatto banale. C'è chi proprio non ne ha colpa e non vede di essere impedito. Chi crede di saper fare bene il proprio lavoro e invece non ne ha un'idea. C'è chi è bravo davvero e lavora in un posto in cui è sprecato. C'è chi ha il posto fisso e passa il tempo a grattarsi l'ombelico. C'è chi è esattamente nel posto giusto e lavora lì per sempre e quando se ne va in pensione tutti piangono e gli regalano un bell'orologio. C'è chi apre partita iva per non sentirsi legato a nessun posto e potersene andare dall'oggi al domani a lavorare in Alaska a coltivare ghiaccioli. C'è chi lavora per tutta la vita in un posto che gli fa cagare e si accontenta. C'è chi è disoccupato e non se lo meriterebbe, e riceve solo proposte di stage non retribuito. C'è chi è disoccupato e se lo merita, e non fa altro che lamentarsi invece che occupare il tempo a riempire il curriculum.
Quando "non ci si trova" lavorativamente, il problema può essere da ambo le parti: ogni tanto è il dipendente che gonfia il curriculum e ti dice di saper fare cose che in realtà non ha mai visto in vita sua, oppure sembra competente ma poi scopri che è autistico o fa battute di merda; ogni tanto è l'azienda che ti chiede se sai usare "la suite Photoshop", o se sai programmare disegnare ballare la bachata e magari non ti dispiace anche dare una pulita all'ufficio e fermarti a dormire ogni tanto che così risparmiamo sul guardiano.
Gli stage servono per imparare e non per lavorarci tutta la vita. Se sai mettere a frutto le tue conoscenze, come valorizzare le tue competenze, ma soprattutto come dare il tuo contributo alla causa comune, prima o poi l'azienda seria arriva, che sia tu a mandare il cv o che sia un headhunter a contattarti.
Il tempo indeterminato non te lo regala nessuno.
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